lunedì 18 agosto 2008

Dylan Dog passati, presenti e futuri

Non mi piace Dylan Dog. Non mi è mai piaciuto. Non tanto la serie quanto proprio il personaggio. In passato ho letto decine e decine di sue storie, prevalentemente a scrocco però, così, quando in occasione del ventennale del personaggio la Bonelli ha iniziato la pubblicazione dell'ennesima ristampa, ho pensato di prenderla. Proprio qualche giorno fa ho letto il tredicesimo numero, rimanendo ancora una volta deliziato per l'alta qualità delle storie anche in assenza di Tiziano Sclavi: profondi rimandi alla società dell'epoca (che nel frattempo è cambiata profondamente, ma la cosa sembra non notarsi quasi per niente), trame avvincenti, originali e fresche ancora oggi, pochi clichè ma utilizzati in maniera iconoclasta, un citazionismo raffinato e disegnatori eccezionali come Giampiero Casertano e Corrado Roi. Non sono poi un grande amante dell'horror-splatter, ma apprezzo tantissimo quello che gioca con le paura della psiche umana, soprattutto quelle nate dalle interazioni e dai conflitti tra individui, di cui Sclavi è stato maestro nel saper illustrare. Insomma, è vero che non apprezzo molto il personaggio in sé (probabilmente per il fatto che si piange sempre un po' troppo addosso), ma queste storie più "vecchie" sono talmente belle che si fa fatica a non apprezzarle.

Di contro, ieri ho finito di leggere il secondo Dylan Dog Color Fest, che fa capire come il personaggio negli ultimi tempi sia diventato forse un po' troppo stantìo, costretto a recitare sempre la stessa commedia, con gli stessi trucchi narrativi, con le stesse battute e le stesse citazioni. Ma andiamo per ordine con le storie contenute in questo volume:

- Il pianeta dei morti di Alessandro Bilotta e Carmine Di Giandomenico è la storia sicuramente più originale tra le 4 presenti nel volume. Ambientata nel futuro, gioca però troppo con i clichè del personaggio, sotto ai quali rimane una trama forse un po' troppo povera, a conferma di quanto dicevo poco sopra. I disegni, però, sono ottimi, pur non riuscendo a vedere Carmine su un'altra storia di Dylan che non sia questa.

- Videokiller di Paola Barbato e Angelo Stano è invece una storia interessante, forse troppo cervellotica, dato che bisogna rileggerla un paio di volte per comprenderla bene, e un po' fine a sé stessa. Ottime le illustrazioni di Stano, che però risultano troppo statiche e poco narrative.

- Il mago degli affari di Pasquale Ruju e Nicola Mari è il peggio del peggio. La trama è inconsistente e banale, senza guizzi e per giunta con un retrogusto molto forte di "vetusto". Mari a colori è invece un'eresia che si sarebbe potuta evitare.

- L'inferno in terra di Giovanni Gualdoni e Roberto De Angelis è infine la storia che mi è piaciuta di più. Sebbene venata di una retorica un po' troppo marcata, è comunque ben costruita, ben ritmata e ricorda (da lontano) le narrazioni oniriche di Sclavi, che a me piacciono molto. Ottimo anche De Angelis, pulito ed espressivo come sempre.

Nel complesso, quello che mi ha deluso di più, è, come già l'anno scorso, il fatto che la presenza del colore sia solo una semplice aggiunta commerciale, non un qualcosa su cui poter giocare anche a livello narrativo, come per esempio ha fatto (in maniera esemplare) Alfredo Castelli su Martin Mystère in un paio di occasioni (mi riferisco ai numeri 100 e 200 della serie regolare dedicata al personaggio, intitolati rispettivamente Di tutti i colori! e Lo spettro della luce).
Se desiderate leggere un'opinione leggermente diversa, proprio oggi è stata messa online su Comicus.it la recensione di questo volume dall'orrida grafica di copertina, scritta da Giovanni La Mantia.

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