Ci sono opere il cui commento positivo è dettato più dal coinvolgimento e da altri fattori emotivi piuttosto che dalla qualità tecnica. Opere che procurano quindi soddisfazione più per i contenuti che per la forma. E Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno è proprio una di queste. Sia chiaro, non stiamo parlando di un film realizzato con i piedi. Semplicemente di un film con pochi difetti, ma evidenti, che finiscono però in secondo piano rispetto alla grandeur messa in scena dal regista Christopher Nolan e dai suoi collaboratori.
Difetti presenti principalmente nella sceneggiatura e nel montaggio, visto che la scansione temporale degli eventi funziona spesso male e che nella trama ci sono un paio di forzature piuttosto evidenti.
Per il resto, si tratta di 165 minuti che scorrono in modo avvincente e appassionante, grazie soprattutto al lavoro sui personaggi. Questo terzo capitolo della trilogia di Nolan, infatti, è molto più corale dei precedenti, incentrati sulla crescita di Batman, il primo, e sul triangolo fra l'Uomo Pipistrello, il Joker e Harvey Dent, il secondo. In questo caso, invece, i comprimari riescono a ritagliarsi molto più spazio. Ed ecco così emergere la figura tormentata del Commissario Gordon, interpretato ancora una volta dal solito, grande, Gary Oldman, accanto al quale non sfigura la new entry Joseph Gordon-Levitt, nei panni del giovane detective John Blake, che quasi, a un certo punto, sembra diventare il vero protagonista della storia.
E poi ci sono i due "cattivi" della situazione, sui quali prima della visione ero piuttosto scettico. In primis perché non mi convinceva il ruolo di Bane come antagonista principale, forse perché memore della sua rappresentazione nel pessimo Batman & Robin di Joel Schumacher, forse perché non si tratta di certo di un personaggio di primo piano, visto come sia sempre risultato avulso dall'universo di Batman più classico, quello popolato dai Joker e dai Due-Facce, personaggi dicktracyani e con una forte spinta psicologica dietro. E invece è proprio questo che gli ha permesso di calarsi benissimo nelle atmosfere costruite da Nolan. In uno scenario alla No Man's Land (saga a fumetti del 1999), Bane diventa un perfetto alfiere dell'anarchia e del caos, tra l'altro molto ben interpretato dal bravo Tom Hardy (che, avendo recitato già in passato ruoli piuttosto "fisici", si trova molto bene a portare sullo schermo un personaggio reso inespressivo dalla maschera), e il perfetto strumento di collegamento con il primo capitolo della trilogia (cosa che a un personaggio con alle spalle una storia e una caratterizzazione più definita non sarebbe riuscita così bene, forse).
Ero prevenuto anche nei confronti di Anne Hathaway, che, pur apprezzando molto fisicamente, non riuscivo a visualizzare bene nel ruolo di Catwoman, per la quale invece avrei preferito una donna più matura e passionale. E anche qui ho dovuto ricredermi. L'universo nolaniano, infatti, più tendente alla fantascienza che al grottesco, è di certo più adatto a una Donna Gatto più conturbante che "porca" (se mi passate il termine). E a renderla tale è anche il costumino vintage, alla Julie Newmar, che indossa (senza contare le numerose inquadrature dalle "spalle", soprattutto quando il personaggio è in moto).
Peccato però che i personaggi siano doppiati tutti piuttosto male, in particolare Bane (dall'attore Filippo Timi), caratterizzato da un tono eccessivamente enfatico ed "effettato" inspiegabilmente lontano da quello della versione originale (in cui la voce è semplicemente quella di un uomo con una mascherata davanti alla bocca).
Peccato però che i personaggi siano doppiati tutti piuttosto male, in particolare Bane (dall'attore Filippo Timi), caratterizzato da un tono eccessivamente enfatico ed "effettato" inspiegabilmente lontano da quello della versione originale (in cui la voce è semplicemente quella di un uomo con una mascherata davanti alla bocca).
La cosa che mi ha entusiasmato maggiormente, comunque, è che questo film, per quanto in sé sia molto bello, acquisisce valore se accostato ai due precedenti. Sì, perché fornisce compiutezza all'intera trilogia, cosa alquanto inaspettata se si considerano i prodotti simili precedenti, e fa risaltare ulteriormente il valore di Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro (come se ce ne fosse bisogno), visto che mette in chiaro il fatto che ogni episodio di questa saga è un piccolo passo verso il grande finale. Un lungo percorso apprezzabile in ogni sua tappa, ma che si esalta nella sua organicità. Cosa che in nessuna delle trilogie supereroistiche (e forse anche non) precedenti era mai riuscita.
Preso singolarmente, Il Cavaliere Oscuro, tutto superbamente incentrato sul tema del "doppio" e impreziosito da un fantastico Heath Ledger/Joker, è forse il migliore dei tre, ma questo suo seguito non sfigura di certo.
1 commento:
Tesi, antitesi, sintesi.
Batman Begins: un film incentrato sull'eroe che definisce se stesso tramite la sconfitta delle sue paure infantili e una nuova consapevolezza.
Dark Knight: sorge una nemesi che si ruba la scena, l'eroe fa da specchio per tutto il film sino all'affermazione iniziale che però lo obbliga a cadere, o a fingere di cadere, lasciando comunque una mano, una vittoria al nemico sconfitto.
Dark Knight Rises: l'eroe e l'antagonista camminano di pari passo, le loro vicende sono parallele, il loro passato comune. E Batman, per risorgere davvero dalla sua caduta, è costretto a seguire le orme del suo nuovo opposto speculare.
Tesi, Antitesi, Sintesi.
Era Nolan o era Hegel?
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